Ci sarebbero diverse testimonianze aneddotiche che ci illustrano la vita quotidiana degli ebrei del campo di Casoli che, tutto sommato, si svolgeva in condizioni precarie ma non estremamente dure[1]. Un’attenzione particolare merita, però, la vicenda relativa al medico luminare di urologia nato a Varsavia che, per un disguido postale, si ritrovò internato nel campo di Casoli. Si tratta del medico ebreo, professore di fama internazionale, Hermann Datyner, che vantava pubblicazioni scientifiche stampate in varie lingue che egli stesso parlava correttamente – ne conosceva sei – e aveva tenuto diverse conferenze nei Congressi Internazionali di Urologia. Le misure restrittive nei confronti degli ebrei stranieri colpirono anche lui che fu arrestato a Roma e detenuto nelle carceri di Regina Coeli finché non fu tradotto nel campo di Casoli il 18 luglio 1940.
[1] Si veda ad esempio la testimonianza dei ricordi di 5 anni di internamento (1940-1945) di Wilhelm Baehr dove descrive il suo arresto a Milano e le condizioni di vita al Ferramonti Tarsia, a Casoli (Chieti), a Campagna (Salerno) e sotto gli alleati, in lingua tedesca, cc. 7 appunto con parole tradotte dal tedesco in italiano, c.1. Cfr. Cdec, Fondo Israele Kalk, VII. Testimonianze e documentazione, Busta 5, Fascicolo 61: Ricordi di Wilhelm Baehr internato al Ferramonti tarsia, URL: <http://www.cdec.it/Fondo_kalk/mostra_fascicoli.asp?id_struttura=7&indice=6>, [consultato il 06.05.2018]; Cfr. L. Sirovich, «Non era una donna, era un bandito». Rita Rosani, una ragazza in guerra, Cierre Edizioni, Verona 2014; K. Voigt, Maximilian Segall, un profugo ebreo in Italia, in La Rassegna Mensile Di Israel, vol. 54, no. 1/2, 1988, pp. 279-304.
Una volta arrivato a Casoli, la sua fama di professore medico gli venne subito riconosciuta al punto tale da fare delle visite mediche private agli abitanti del paese e da essere introdotto nei migliori ambienti casolani dallo stesso “barone” ex Podestà Mosé Ricci [1]. In modo particolare si tratteneva soventemente a cena a casa del medico Andrea De Vincentiis[2]. Come si legge dalle carte del suo fascicolo personale [3], questo trattamento di favore nei suoi confronti aveva infastidito alcuni abitanti dichiaratamente “fascisti”, i quali presentarono una lettera anonima di denuncia specificando che gli anonimi indignati erano uno «squadrista ferito nella campagna d’Africa» e tre «fascisti del 1919». Di seguito il testo della lettera che si trova tra i documenti riservati del Ministero dell’Interno [4]:
Mentre il soldato italiano versa il suo sangue per la lotta contro l’ebraismo internazionale in qualche angolo d’Italia si verificano vere scene di tradimento alla causa nazionale.
In Casoli, in provincia di Chieti, vi sono circa 50 ebrei internati e fra questi un professore medico internato.
L’ex podestà di Casoli, di animo antifascista ed espulso dal Partito per tradimento nel 1924 e poi riammesso indegnamente, parlò al pubblico molto bene di detto polacco qualificandolo uomo molto dotto.
Dalle parole passò ai fatti perché lo invitò varie volte a casa e gli fece visitare anche una figlia.
Dopo questo esempio venuto dall’alto accadde che il professore cominciò ad esercitare sul serio e a frequentare lo studio medico dei dottori Ernesto ed Andrea De Vincentiis.
Nello studio di costoro il polacco operò un giovanetto contadino alla presenza dei giovani studenti casolani in Medicina: Guido De Giorgio e Gaetano Ramondo. In casa del sig. De Giorgio ha visitato anche una signorina e ha pranzato varie volte.
Molte altre visite ha fatto a contadini nella sua camera, perché vive separatamente dagli altri internati, e […] a domicilio.
Il vero popolo fascista che vede, domanda se costui è un internato oppure un gradito ospite.
[1] Mosé Ricci è stato Podestà di Casoli dal giugno 1931 al giungo 1939 e consigliere provinciale [di Chieti], presidente della Commissione provinciale delle imposte, presidente del Consorzio di bonifica delle valli del Sangro e dell’Aventino, presidente del Consorzio di bonifica della Bassa Valle del Trignio, commissario ministeriale del Consorzio di bonifica in destra del Pescara, cfr. <http://www.senato.it/leg/01/BGT/Schede/Attsen/00009405.htm>, [consultato il 06.05.2018].
[2] Per la ricostruzione dettagliata della storia del medico Hermann Datyner cfr. G. Orecchioni, I sassi e le ombre. Storie di internamento e di confino nell’Italia fascista. Lanciano 1940-1943, Edizioni di Storia e letteratura, Roma 2006, pp. 152-159. Cfr. G. Lorentini (a cura di), cit., URL: <http://www.campocasoli.org/documenti>, Busta 2, Fasc. 58, [consultato il 06.05.2018].
[3] Fascicolo personale in ACS, MI, DGPS, DAGR, cat. A 4 bis, 87; Cfr. G. Lorentini (a cura di), cit., URL: <http://www.campocasoli.org/documenti>, Busta 2, Fasc. 58, [consultato il 06.05.2018].
[4] La lettera è protocollata il 09.10.1940 in G. Orecchioni, cit., Edizioni di Storia e letteratura, Roma 2006, p. 155-156; ACS, MI, DGPS, DAGR, cat. A4 bis, b. 1.
Questa lettera, dai chiari toni polemici, ci aiuta a comprendere quale fosse il clima politico e culturale di un piccolo paese nelle contingenze belliche degli anni ’40. Seppur non ritroviamo, in questo contesto, altre denunce simili, gli anonimi autori rappresentano quella parte della comunità che all’epoca fu fortemente ideologizzata. In questa lettera si trovano riferimenti antisemiti di odio verso gli ebrei internati nel piccolo comune che viene eletto come baluardo del «tradimento del popolo italiano». È importante notare, tuttavia, che i “quattro fascisti” di Casoli usarono la delazione per autoproclamarsi «vero popolo fascista». Prontamente arriva la nota del Questore di Chieti al Direttore del campo di Casoli che «da fonte attendibilissima» viene riferito quanto denunciato nella lettera anonima [1]. Il Direttore rispose confermando quanto accadeva a Casoli e assicurò di aver richiamato l’internato al rispetto della disciplina ed ammonito a non prestare più la propria opera di medico sotto nessuna forma, puntualizzando che la «cosa non si è più verificata».
Hermann Datyner sopravvisse alla Shoah riuscendo ad emigrare negli Stati Uniti dove morì a New York nel settembre del 1975. Oltre alla sua fama di medico ed ai numerosi articoli scientifici, fu anche un estimato pianista esibendosi nella Filarmonica di Varsavia prima della fuga verso l'Italia.
[1] Cfr. G. Lorentini (a cura di), cit., URL: <http://www.campocasoli.org/documenti>, Busta 2, Fasc. 58, [consultato il 06.05.2018]
ACS, MI, DGPS, DAGR, cat. A4 bis, busta 1, s.f Casoli
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Livio Sirovich (mercoledì, 18 luglio 2018 17:02)
Bene. Interessante. Mi ero imbattuto anch'io in Datyner e ne avevo scritto (rubacchiando anche dalla bellissima opera di Klaus Voigt). Ma Lorentini ha chiuso il cerchio.