Dati i problemi[1] in cui versa la ricerca delle fonti archivistiche relative al fenomeno dell'internamento civile durante il fascismo (fonti ritenute di importanza primaria, molte delle quali disperse, distrutte, decentralizzate, limitate o inaccessibili), il patrimonio archivistico conservato nell'Archivio storico del Comune di Casoli, in questo contesto, rappresenta una fonte importante, soprattutto utile a ricostruire, grazie alla notevole quantità e qualità delle informazioni fornite dai documenti, una sorta di modello di amministrazione di un campo di concentramento fascista per internati civili durante le contingenze belliche[2]. Il Campo di Casoli all'inizio fu istituito per internare "ebrei stranieri" (fino a maggio del 1942) e successivamente per internati politici "ex jugoslavi" per la maggior parte croati e sloveni.
Gli studi sul tema dell’internamento civile fascista hanno fatto emergere il dato dell’esistenza di un sistema concentrazionario italiano durante il periodo bellico degli anni ’40-’43. Tale sistema fu utilizzato dal regime, tra gli altri, come mezzo per attuare la propria politica di repressione del dissenso, di prevenzione per la Pubblica sicurezza e di persecuzione razziale. Gli «elementi pericolosi» e gli «stranieri indesiderabili» che, arbitrariamente e con procedure amministrative, furono perseguitati dallo Stato fascista, vennero internati in uno spazio di confino che il Ministero dell’Interno denominò «campo di concentramento». Con tale designazione si identifica l’area circoscritta di segregazione costituita da strutture preesistenti, oppure costruite ex-novo, dove venivano “concentrate” le differenti categorie di internati civili.
Per questo è necessario fare un'osservazione intorno all'espressione "campo di concentramento", perché ci si trova spesso di fronte ad una confusione di tipo semantico (ossia del significato della parola), in quanto tale espressione immediatamente evoca i campi di sterminio nazisti, che ovviamente sono ben altra cosa rispetto ai campi fascisti, e una comparazione tra i due sistemi dal punto di vista della radicalità, della violenza, del terrore, e della mortalità, rischia una scontata banalizzazione del caso italiano. Detto ciò, è opportuno comprendere il significato che questa espressione ottiene all'interno del sistema concentrazionario italiano fascista (monarchico), così come esso viene concepito e messo in piedi dal Ministero dell'Interno. Nei documenti ufficiali vengono distinti 2 tipologie di internamento:
1) In campi di concentramento propriamente detti
2) In località di internamento libero
I campi di concentramento, nell'universo fascista, indicano un luogo circoscritto in un perimetro all'interno del quale in strutture preesistenti o ex novo, vengono segregate categorie diverse di internati. Si tratta quasi sempre di campi mono-genere, ossia maschili o femminili e raramente misti.
Le località di internamento libero sono i comuni di residenza coatta per gli internati, i quali possono ricongiungersi con il nucleo famigliare. È evidente che la condizione di "internato" in un campo di concentramento fascista è più sfavorevole e dura rispetto all'altra: promiscuità, libertà di movimento ridotta, regolamento rigido, separazione dal nucleo famigliare, sorveglianza, punizioni, divieti di lavoro, comunicazione ristretta, ecc.
Partendo da queste considerazioni, il campo di Casoli fu per la sua struttura e funzione, un campo di concentramento per internati (abbreviato "campo fascista"). La scelta di istituire un campo a Casoli fu dipesa anche dalla posizione geografica. Si legge nella relazione dell'Ispettore di Pubblica Sicurezza, Roberto Falcone del 27 aprile 1940:
"Nuclei di internati o confinati più pericolosi potranno, di preferenza, essere destinati nei comuni di Casoli e Lama dei Peligni, che trovansi nella zona montuosa della provincia, distanti dalle più importanti vie di comunicazione e della linea ferroviaria dello Stato"
Il sistema del campo di Casoli si compone di tre edifici:
1) Primo edificio: ex scuola comunale (Municipio)
2) Secondo edificio: cantine del Palazzo Tilli
3) Terzo edificio: ex cinema o ex sala da ballo (proprietà Tilli)
Il campo fascista di Casoli ha avuto due periodi distinti di internamento per via delle due categorie diverse di internati. Abbiamo un primo periodo "ebreo" del campo, che va dal 9 luglio 1940, data di ingresso del primo nucleo di 51 ebrei stranieri provenienti dal carcere di Trieste, fino al 3 maggio 1942, data di ingresso del nucleo di internati politici, antifascisti, "ex jugoslavi" trasferiti dal campo di concentramento di Corropoli (provincia di Teramo). Tutti gli ebrei del campo di Casoli furono trasferiti nel campo di Campagna in provincia di Salerno. Questa seconda fase dura fino al 2 febbraio 1944, data riportata su un documento in cui si attesta ancora la presenza di 18 internati slavi, a testimonianza del fatto che il campo continuò a funzionare, nonostante l'armistizio dell'8 settembre 1943. Tra gli anni 1940 e 1944 sono passati per il campo di Casoli 218 internati in totale: 108 ebrei stranieri, per lo più austriaci, tedeschi, polacchi e ungheresi, e 110 "ex jugoslavi" per la maggior parte croati e sloveni, "giuliani di lingua slovena e/o croata".
Allo stato attuale della ricerca in Italia, sono pochi, i comuni italiani che furono sede di campi di concentramento o di località di internamento "libero" durante il fascismo, ad aver conservato i fascicoli personali degli internati. Molti di questi sono andati distrutti o persi, come per esempio nel Campo di Campagna[3] (Salerno). Oppure come il caso relativo alla Questura di Chieti, responsabile per i fascicoli personali di oltre 20 località di internamento libero e 6 campi di concentramento, i cui fascicoli sono stati «mandati al macero per supero dei prescritti limiti di conservazione».[4]
L’obiettivo del progetto è raccogliere documenti, testimonianze, fotografie e altro materiale in modo da offrire una documentazione il più completa possibile con lo scopo, da una parte, di studiare scientificamente il Campo di concentramento di Casoli e, dall’altra parte, di poter mettere a disposizione il suddetto materiale sia agli studiosi che ai diretti discendenti degli internati. È un paziente lavoro di ricerca fotografica, documentaria ed archivistica. Il sito www.campocasoli.org valorizza questo patrimonio documentale con la pubblicazione digitalizzata di fonti, ricerche e saggi sulla storia dell’internamento civile nell’Italia fascista assicurando la comunicazione e la divulgazione critica dei risultati della ricerca. Il lavoro è in continuo aggiornamento e per tale ragione i risultati pubblicati sono ancora parziali.
Nel sito campocasoli.org i documenti sono riprodotti in foto facsimilare totale, ordinati secondo la segnatura archivistica originale. Si tratta di un archivio digitale che consente di ricostruire la storia sociale di un campo di concentramento fascista e soprattutto utile a ricomporre anche la documentazione di altri campi fascisti italiani, poiché il “fascicolo personale” seguiva l’internato in caso di trasferimento da un campo all’altro. Il sito campocasoli.org, offre la possibilità di capire gli spostamenti, l’ambiente sociale, la vita quotidiana, il capitale mobile, la corrispondenza postale tra gli internati e i loro famigliari/amici, i solleciti della questura verso la direzione del campo, i provvedimenti disciplinari e di internamento nei confronti degli internati, l’assistenza medica e le condizioni igieniche dei locali, le condizioni di salute degli internati, nonché la burocrazia, l’amministrazione, la contabilità del Campo. È una ricerca aperta alla collaborazione di studiosi, istituti, fondazioni, università.
Altro scopo della ricerca, di importanza centrale per la cultura della memoria, è sia dare un volto ai nomi degli internati, sia dare un nome ai loro volti, soprattutto agli ebrei stranieri internati in questo Campo dal 9 luglio 1940 – dove giunsero dal carcere di Trieste, perché disponiamo di una loro foto di gruppo scattata proprio a Casoli. Dopo l'8 settembre 1943, 9 di questi internati ebrei stranieri che inizialmente erano "passati" per il Campo di Casoli, furono arrestati e deportati nel campo di sterminio di Auschwitz-Birkenau dove trovarono la morte certa. Un altro, invece, è stato assassinato nel campo di Risiera San Sabba, un altro venne deportato nel campo di concentramento di Bergen-Belsen e sopravvisse alla liberazione avvenuta il 4 marzo 1945. Quella foto, per molti di loro, rappresenta, forse, l'ultima immagine-testimonianza che possediamo. Inoltre, allo stato attuale delle ricerche, sembra che il Campo di Casoli sia stata l'ultima località di internamento nota per 14 internati ebrei stranieri.
AGGIORNAMENTO 6.04.2024: Un internato politico "ex-jugoslavo" fu deportato a Dachau e poi a Buchenwald dove sopravvisse, 20.01.1945.
Coloro che eventualmente si riconoscessero tra le persone qui menzionate o rappresentate nelle fotografie, oppure parenti degli internati, che volessero renderci noti elementi utili ad arricchire la conoscenza dell’esperienza dell’internamento e partecipare alla ricerca attraverso la propria testimonianza o contribuire con documenti e altri materiali, possono rivolgersi a: info@campocasoli.org.
Al momento sul sito sono pubblicati 4.462 documenti[5] contenuti in 4 Buste e suddivisi in 215 fascicoli conservati presso l'Archivio storico del Comune di Casoli, CAT. XV, "Sicurezza pubblica e polizia amministrativa", Classe VII, Buste 2-4, Fascicoli 24-227 e Busta 5, Fascicoli 228-233. È proprio su questo fondo in particolare che si basa il progetto di ricerca e documentazione on line sul campo di Casoli.
Nella sezione STORIA sarà illustrata una breve storia del campo di concentramento di Casoli inquadrandola nel contesto storico di riferimento. La ricerca è stata pubblicata nel libro: L'ozio coatto. Storia sociale del campo di concentramento fascista di Casoli (1940-1944), ombre corte, Verona 2019.
Nella sezione INTERNATI si troveranno le tabelle riguardanti la lista degli internati corredate da informazioni biografiche, provenienza, data di entrata nel campo, capitale liquido, ultima località conosciuta, deportazione, sopravvissuti. Attraverso un database è possibile accedere rapidamente a queste informazioni. La ricerca è ancora in corso. (NB: in continuo aggiornamento).
Nella sezione DOCUMENTI troverete la riproduzione in foto facsimilare delle carte contenute nei fascicoli personali conservati nell'Archivio storico del Comune di Casoli.
Nella sezione LETTERE E TESTIMONIANZE sono riportate parte della corrispondenza postale di alcuni internati (lettere, richieste, reclami, istanze, memorie) nonché, dove possibile, testimonianze sulla vita quotidiana nel campo. La maggior parte di questi documenti è essa stessa contenuta nei fascicoli personali del fondo archivistico del Comune di Casoli, diversamente sarà sempre indicata la fonte. Si è preferito creare una pagina specifica sull'argomento, in continuo aggiornamento, per agevolare la consultazione. Si tratta di documenti di notevole importanza per la storia sociale, delle condizioni di vita quotidiana nel campo, dei problemi, delle richieste, degli affetti, dello stato di salute. Sono testimonianze scritte che raccontano vicende di uomini de-civilizzati, pagine emozionanti, drammatiche per il contesto storico in cui esse vanno inserite, ossia la guerra, la politica razziale e l'internamento civile fascista.
Un'altra sezione importante del sito è il FONDO NAGLER su gentile concessione di Livio Sirovich, autore del libro «Non era un donna, era un bandito». Rita Rosani una ragazza in guerra, Cierre Edizioni, Verona, 2014, che contiene alcune lettere del carteggio tra Rita Rosani con il suo fidanzato Giacomo Nagler (detto Kubi), internato insieme al padre Salo Nagler nel Campo di concentramento di Casoli, entrambi poi arrestati il 3 novembre 1943 a Castelfrentano (Ch), raccolti nel carcere di Milano e deportati al campo di sterminio di Auschwitz-Birkenau con il convoglio n. 6, Milano carcere partito il 30.01.1944 e arrivato il 06.02.1944 (con morte certa) (NB: in continuo aggiornamento).
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Per le citazioni dei documenti contenuti nei fascicoli personali pubblicati in questo archivio digitale, all'interno di lavori di tesi di laurea, dottorato e pubblicazioni scientifiche, si consiglia di utilizzare il seguente modello di indicazione sitografica:
LORENTINI, Giuseppe (a cura di), Centro di documentazione on line del campo di concentramento di Casoli 1940-1944, URL: <http://www.campocasoli.org/documenti>, indicare Busta n., Fascicolo n., [consultato il inserire data di consultazione].
Si invita a rispettare i principi e le direttive stabilite dal Codice di deontologia e di buona condotta per i trattamenti di dati personali per scopi storici (provvedimento n. 8-P-2001 del Garante per la protezione dei dati personali) e dal Decreto Legislativo 30 giugno 2003, n. 196 “Codice in materia di protezione dei dati personali” .
[1] Parte di questo testo si trova pubblicato in Giuseppe Lorentini, Perché l'Abruzzo? Un arcipelago di campi di concentramento fascisti durante la Seconda guerra mondiale (1940-1943), in "Rivista Abruzzese", Anno LXXIII, 2020, N. 1, Gennaio-Marzo, pp. 31-38. Cfr: Anna Pizzuti, Ebrei stranieri internati in Italia durante il periodo bellico: temi e problemi di una ricerca, in Atti del convegno “I campi fascisti: dalle guerre in Africa alla Repubblica di Salò”, Casa della storia e della memoria di Roma, 28 novembre 2012.
[2] Cfr: Simonetta Carolini (a cura di), “Pericolosi nelle contingenze belliche”. Gli internati dal 1940 al 1943, ANPPIA, Roma, 1987.
[3] Renato Dentoni Litta (a cura di), Il Campo di concentramento di Campagna. Lager o Rifugio?, Pubblicazioni dell’Archivio di Stato di Salerno, 2015, p. 10.
[4] Schreiben der Quästur Chieti, 11.04.1956, Namenslisten über Italien, meist jüd. Häftlinge, versch. Nationalitäten, 1.1.14.1, 459523-459536, ITS Digitales Archiv.
[5] Cifra aggiornata il 02.03.2017. I fascicoli sono in totale 215.
Giuseppe Lorentini
L'ozio coatto
Storia sociale del campo di concentramento fascista di Casoli (1940-1944)
pp. 163
€ 14,00
isbn 9788869481291
Il libro
"Io sempre vissi dal lavoro e non posso più sopportare l'ozio coatto dell'internamento". Casoli, 22 settembre 1942.
Casoli, cittadina abruzzese in provincia di Chieti, si erge arroccata su una collina alla destra del fiume Aventino ai piedi del massiccio della Maiella. Nell'aprile del 1940 fu scelta dal ministero dell'Interno per allestirvi una struttura per internare "ebrei stranieri"; questa divenne un campo fascista attivo dal 9 luglio 1940. Nei primi giorni di maggio del 1942, gli internati ebrei vennero trasferiti nel campo di Campagna (Salerno) e a Casoli arrivarono gli "internati politici", per la maggior parte civili "ex jugoslavi" originari delle terre di occupazione italiana in Jugoslavia.
Analizzando i fascicoli personali di quasi tutti gli internati, conservati presso l'Archivio storico comunale di Casoli, e confrontandosi con la storiografia e le fonti relative al periodo, Lorentini ripercorre la storia del campo facendo emergere il profilo dei prigionieri, le loro biografie, la vita quotidiana, le pratiche della comunicazione, il rapporto con la comunità cittadina, ma anche i problemi amministrativi e organizzativi riguardanti la sua gestione. La ricerca storica del campo di Casoli ci restituisce, come in un'istantanea, una pagina finora oscura dell'internamento civile fascista come spazio delle pratiche della politica razziale e di repressione operata dal regime, come laboratorio del razzismo fascista a livello locale.
1. Locale sottostante il vecchio Municipio di Casoli, in Via Mezzogiorno (nel 1940), precedentemente adibito a scuola di avviamento. Ospitò all'incirca 30 internati.
2. Locale di proprietà dell'allora Avvocato Vincenzo Tilli sito in Via Fiore, capienza 100 posti, gli internati ospitati furono succesivamente trasferiti al locale n.3 perché le stanze erano umide e malsane.
3. Locale sito sempre in Via Fiore, anch'esso di proprietà dell'Avvocato Vincenzo Tilli, usato precedentemente come sala polivalente (spettacoli teatrali, cinema, feste), ospitò circa 50 internati trasferitisi dal locale n.2.
Cfr. Vincenzo Rossetti, Storia di Casoli. Documentazione e approfondimenti, Comune di Casoli, 2014, p. 222.
Alcune foto di Casoli per gentile concessione del fotografo Giovanni Di Prinzio